Ottenere l’abitabilità per un alloggio o un’altra struttura è un grande traguardo, ma in alcuni casi si incorre nel temuto diniego di abitabilità. In determinate situazioni, previste dalla legge, il Comune ha la possibilità di negare questo requisito, mentre in altre tale diniego è illegittimo.

Questo è il cuore di una recente sentenza del Tar dell’Umbria, emessa il 4 settembre del 2017 con il numero 567, che si è occupato proprio di un caso controverso di diniego di abitabilità.

I requisiti per legittimare il diniego di abitabilità

Come previsto dalle disposizioni di legge, e anche dall’ormai unanime giurisprudenza, il diniego di abitabilità sarà legittimo solo nel caso in cui si riferisca a requisiti essenzialmente oggettivi, come la salubrità dell’edificio e la sua sicurezza.

Ad esempio, le mancanze di tipo igienico e sanitario saranno motivazioni corrette per il diniego, mentre non sarà legittimante un altro tipo di ragione che possa essere opposta dal Comune.

Non si potrà opporre il diniego all’abitabilità in tutti i casi in cui questo sia motivato dall’inadempimento, da parte del privato richiedente, di obblighi ai quali questo si fosse legato al momento in cui avesse ottenuto il titolo edilizio. Ad esempio, come nel caso di specie, riferendosi alla promessa di cessione per aree che siano destinate ad opere di urbanizzazione pubblica.

In questo senso, quindi, il Tar ha voluto rimarcare quali siano i limiti dell’Amministrazione pubblica nel poter negare l’abitabilità ad un soggetto, dovendosi restringere solamente al campo dei requisiti oggettivi e indicati dalla legge e dalla precedente giurisprudenza.